lunedì 20 settembre 2010

Ascoli-Ancona, 11 giugno 2000

O ragazzo che t'appaio vecchio
o ragazzo vestito da emo
ti dirò, come fossi uno specchio,
quando anch'io ero giovane e scemo.

In finale per la terza serie
quella squadra ci rese superbi;
chi vuole lasciar le miserie
con noi prenda la strada del derby.

Avevamo vent'anni e oltre il Curi
(era al Curi quell'Ascoli-Ancona)
vedevamo una serie più buona
tutto il bene del mondo oltre il Curi.

I Piceni avevamo di fronte
bianco e rosso avevamo nel cuore
le bandiere avevamo già pronte
non temendo né Baggio né Amore.

Ci zittì, come squille d'un morto,
quando già dentro ai supplementari
Eddy Baggio su un angolo corto
con bravura sorprese Storari.

La speranza era sola compagna:
perdevamo, eravamo anche in dieci
(La Grotteria fu preso in castagna).
Alzavamo gran cori, gran preci.

Avevamo vent'anni...

Non è detto che fossimo santi;
sentivamo in mezzo al baccano
(lo sapeva ciascuno dei tanti)
che se canti, non canti mai invano.

Poi vedemmo un ragazzo dei nostri
sulla palla, e spingemmo da coolies,
a scacciar con la voce quei mostri:
quel ragazzo trafisse De Juliis.

Avevamo vent'anni...

Ormai molti han famiglia hanno figli
educandoli in grande decenza;
io son solo e passeggio fra i tigli
vado al Dorico: c'è l'Eccellenza...

E vorrei che quei nostri gran cori
quella nostra speranza sì dura
rivivessero nei vostri cuori;
o ragazzo, ora sai chi è Ventura.

Avevamo vent'anni...

(l'originale).

martedì 14 settembre 2010

Per un'amica romanista.

Vorrei mi portassi domani allo stadio.
Non voglio sentire, stavolta, per radio
la cronaca ardita, le grida, le gesta
di Totti che, rapido, semina Nesta.

Vorrei mi portassi e poi, sul più bello,
De Rossi che lancia un filtrante a Borriello,
che, con un sinistro che buca la rete,
ci faccia passare le ore più liete.

Vorrei mi portassi, dev'essere figo
vedere l'Aurelio che fece Rodrigo
e insieme applaudire l'atletico gesto
che lascia di sasso un Domenico Mesto.

Vorrei mi portassi, ma oggi! Non ieri!
Potrei sopportare persino Ranieri,
potrei sopportare il veder, di lontano,
seduto in tribuna il compianto Adriano.

Vorrei mi portassi e segnasse anche Mirko,
che cerca il suo spazio nel ludico circo.
Segnasse, esultando col biondo Mexès,
donando sollievo e cacciando lo stress.

Vorrei mi portassi e cantassimo i cori,
che inneggiano ai vostri famosi colori.
Oppure, contento, comunque mi taccio:
mi basta un sorriso, mi basta un abbraccio.

Il calcio come aiuto all'armonia di coppia

La maglia del Gremio è nera e celeste;
questo tu pensi, nel mentre si sveste.

Le cosce son lunghe, il culo rotondo
ma tu nella testa hai solo Larrondo

che crossa arretrato pel gol di Mastro;
se 'l culo è di marmo, il seno alabastro.

L'carezzi rapito, eppure ne scappi:
ma lei non lo sa che tu vedi Nappi

che fece la foca col Werder Brema.
La baci gentile, pare che frema.

Le mani di lei s'allungano in basso:
mentre ti fruga, ricordi un golasso

che mise Bressan con il Barcellona.
Pensaci bene, ché lei è proprio bona.

Poi con la mano ti spinge sul petto
(o quel Verona! che bello scudetto!),

molto decisa, ti prende e ti siede,
come un portiere che pari di piede,

le gambe allargate, come Garella.
La scena che segue è molto più bella:

ma tu chiedi a Riedle, in piena fellatio
(bomber tedesco passato alla Lazio),

l'aiuto che t'eviti il fuorigioco
o rapide fini (un po' tipo Coco).

Ella ti guarda, spalanca i suoi occhi:
tu la riosservi, ma cerchi Marocchi.

Ecco, trovato, ti fermi al Bologna
non hai più paura, non hai più vergogna:

se pensi a Tarozzi, Nervo, Meghni
potresti godertela altri tre dì.

Lei sente il tuo zelo, ti stringe lieta:
che cosa ne sa, lei, di Zalayeta...

La verità è che l'ami, è preziosa:
ma in modo diverso ami anche De Rosa.

giovedì 9 settembre 2010

L'auspicabile risurrezione del calcio dei Balcani

Sia per il comunismo e suoi naufragi
o per una ragion più contingente
la bella Romania che fu di Hagi,
vederla com'è oggi è deludente;
chissà se giungeranno mai Re Magi,
seguendo una parabola ascendente,
a presentare al popolo fedele
un nuovo Maradona di Sacele.

sabato 4 settembre 2010

Dejà vu, dejà entendu

O qual trista cerimonia!
Tratterò con parsimonia
dell'indegna babilonia
che vedemmo su in Estonia
(sita ad Est della Polonia,
poco a Sud della Lapponia;
molto a Nord, rispetto a Konya).
Il cronista testimonia:
sui balconi, là in Estonia,
né geranio né begonia;
tantomeno una peonia.
Ma s'affaccia tale Sonia:
manca meno la terronia.
Giù nel campo, monotònia:
l'nuovo corso non si conia
con l'antica macedonia;
vinci, sì, ma in acrimonia.
Come sempre, è querimonia.
A Prandelli (non fandonia!)
un consiglio: chiama Sonia.
Lascia stare, deh, l'Ausonia:
allenarla è santimonia.

mercoledì 1 settembre 2010

Sonetto dell'amore perduto

Io quando ho visto Mastro in bianconero
pensavo di morirne di dolore,
credevo non m'avrebbe retto il cuore,
speravo fosse un sogno, niente vero.

A stento ci s'abitua anche al pensiero
d'aver perduto il nostro Salvatore,
di quello che né Cioffi né Fissore
potevano giammai lasciare a zero.

La situazione adesso è eccellente,
con noi sempre invischiati qui sul fondo;
e tu trascini il Siena ancora in cima.

Eppure nei miei sogni è come prima:
sotto la curva stoppi in un secondo
e incroci da Maestro il tuo fendente.